Il viaggio di Kaba Corapi con Slow Food inizia sei anni fa, quando viene contattata dall’Associazione per raccontare insieme la realtà dell’agroalimentare; la collaborazione è parsa subito un’ottima idea a Kaba, convinta che Slow Food Roma dipenda dalle persone che la animano. In questa unione, il cibo diventa un veicolo di comunicazione per raccontare le storie che sono dietro i diversi prodotti e le materie prime utilizzate per i piatti.
Il primo progetto è stato un percorso di divulgazione di alcune delle tradizionali cucine casalinghe del mondo: Kaba ha cercato approfondire questa dimensione, oltre che con le sue esperienze dirette, attraverso la conoscenza di persone di quei paesi che potevano divulgarne la cultura attraverso la tavola, lo strumento più immediato di trasmissione dei saperi.
Secondo Kaba, il segreto per arrivare al cuore delle persone con un piatto è la sincerità. Ognuno ha un proprio punto di vista sulla cucina, c’è chi crea piatti spettacolari con grandi effetti, ma ciò che arriva veramente alle persone è tutto ciò che si mette nella realizzazione di un piatto: dallo studio alla storia degli ingredienti e alla rielaborazione personale. “Abbiamo una cucina vasta e ricca, ognuno pensa probabilmente di conoscere la miglior versione di un piatto, ma non stiamo parlando di far mangiare il cibo più buono che una persona abbia mai assaggiato, bensì un cibo la cui lettura viene dal cuore, da ciò che si sente nella cucina“, dice Kaba.
Avendo cura degli ingredienti utilizzati si possono cambiare le sorti del Pianeta, magari non con un singolo piatto, ma ponendo attenzione a tutto quello che mangiamo. “E’ un concetto banale ma nella sua banalità è complesso. Il piatto che può cambiare le sorti del Pianeta è quello che racchiude ingredienti rispettosi in termini di tecniche di preparazione, delle stagioni e dei luoghi. Bisogna recuperare innanzitutto la sapienza che viene dal rispettare il ciclo delle stagioni iniziando con piccole accortezze e nutrirci nel rispetto di quello che che la natura ci regala”, spiega Kaba.
Partendo da questa filosofia, nel corso degli ultimi anni, Kaba ha organizzato con Slow Food molte cene a tema, che non si concentrano solamente sul servire qualcosa di buono, ma sul creare un rapporto diretto con le persone curiose di capire da dove vengono le idee, cosa stanno mangiando, delle storie che sono dietro i piatti. “Una serata molto interessante ha visto l’utilizzo del caffè in varie sfaccettature, dalla qualità e selezione del prodotto, alle tecniche di affinamento, un menu giocato sul caffè inteso come spezia in tutti i suoi stadi: dalla tostatura spinta al caffè in grani, alla polvere sottilissima. Tutto teso a raccontare le storie di artigianalità che stanno dietro a prodotti di altissima qualità anche se non sempre molto conosciuti”, ricorda Kaba.
Kaba vuole raccontare la cucina e con Slow Food ha l’occasione di raccontare anche una terra a cui è molto legata: la Calabria. “La chiave di lettura è stata una Calabria lontana dallo stereotipo e dai cliché più diffusi, cercando di proporre le varie anime di questa terra. Per gli ospiti è stata una vera sorpresa provare non solo il menù previsto, ma anche altre chicche raccolte da mio padre con tanto affetto per far arrivare i sapori della sua terra fino a Roma”, conclude la nostra amica.