Capire il “Trattato Transatlantico sul commercio e gli investimenti”

Capire il “Trattato Transatlantico sul commercio e gli investimenti”

 

arton25214Venerdì 16 aprile si è tenuto il seminario di studio presso l’università LUISS al quale ha partecipato Sharon Treat, ex senatrice USA, docente di Public Policy e promotrice della campagna di informazione e sensibilizzazione sulla questione del TTIP.

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Matteo Falasca – Rete Giovani Reporter

Il Partenariato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti è un accordo commerciale di libero scambio tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione Europea, in corso di negoziato dal 2013. Esso si prefigge lo scopo di integrare i due mercati, consentire la libera circolazione delle merci e agevolare il flusso di investimenti e servizi. Il risultato sarebbe la creazione della più grande area di scambio mondiale, dato che USA e UE rappresentano congiuntamente più della metà del PIL mondiale. Questo risultato verrebbe conseguito attraverso la riduzione dei dazi doganali e delle barriere non tariffarie, ovvero dei regolamenti e delle norme applicate sui prodotti per la tutela dei consumatori.

L’argomentazione di Sharon Treat ha individuato la problematica più rilevante nei regolamenti del Trattato. I disciplinari delle politiche agricole degli Stati Uniti e quelli europei sono estremamente diversi: negli USA gli animali possono mangiare altre parti animali, è consentito l’uso di ormoni, e il 60% dei prodotti contiene indirettamente OGM, questo crea una concorrenza sleale tra i due modelli di produzione. Inoltre il modello statunitense non prevede il “principio di precauzione” europeo, per cui un prodotto viene bloccato anche solo per presunzioni etiche, e il controllo viene effettuato solo sul prodotto finale, per cui un alimento non SSVmanipolato, ma composto da ingredienti modificati geneticamente, supera i test.
Al tavolo delle trattative, al quale è difficile accedere persino per gli euro-parlamentari che dovranno approvarlo, sono le grandi multinazionali a farla da padrone (73%), nonostante la maggior parte degli interessati siano piccole e medie imprese. Tutto ciò non può non delineare come la questione non riguardi solamente il commercio ma sia un vero e proprio problema della Democrazia.
La Treat ha dichiarato che una soluzione nascosta ci sarebbe, anche se scomoda per molti, ed è quella di una “cooperazione regolatrice”, che chiarisca chi non vuole collaborare sottoponendosi a determinati standard e lo escluda. Nello specifico i parametri proposti sono: analisi scientifica dei costi-benefici, un’analisi dell’impatto sul commercio, un concordato reciproco sugli atti di regolazione, “armonizzazione” tra i due sistemi, semplificazione di essi e adeguamento agli standard internazionali.

Alla lezione ha partecipato la vice presidente di Slow Food Italia Cinzia Scaffidi, la quale con il suo intervento ha ribadito ancora una volta e con forza quello che è il pensiero e valore fondante di Slow Food: la necessità di comprendere che la ricerca immediata e senza scrupoli del profitto non è più sostenibile. È impossibile un mondo in cui le aziende, in particolare le multinazionali, badino esclusivamente alla riduzione dei costi di produzione inseguendo l’industrializzazione mondiale più veloce possibile. È necessario perseguire metodi sostenibili che possano conciliare l’attività d’impresa con il rispetto del pianeta, della biodiversità e dei ritmi naturali della natura, per riportare sulle nostre tavole un cibo buono, pulito e giusto, come Slow Food da ormai 30 anni sostiene.

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