“Gastronomia operaia è un laboratorio di solidarietà che non vuole dare pacche sulle spalle, ma costruire strumenti utili ad affrontare i problemi esistenti in molte realtà lavorative.
Siamo lavoratrici e lavoratori della ristorazione, ma le nostre istanze sono comuni a molte altre categorie. Il 9 marzo siamo scesi in piazza per esorcizzare il compleanno di un anno dall’inizio di questa pandemia. Abbiamo raccontato cosa rappresenta per noi il ritorno alla normalità. Una normalità fatta di lavoro nero, di sfruttamento, di turni infiniti, di rapporti lavorativi senza alcuna garanzia, di sacrifici pretesi sotto il ricatto morale del “lavoro di squadra” e del “crescere con l’azienda”, mai riconosciuti semplicemente come straordinari non pagati. E molto altro ancora. Se questa è la normalità, è decisamente molto lontana dall’essere un nostro desiderio.
Durante il primo lockdown il governo ha ammesso l’esistenza del lavoro nero (con scarsissimo stupore del pubblico), dopo un anno non si può seriamente ritenere risolutivi strumenti come il reddito di emergenza. Ai nostri occhi è chiaramente una richiesta di attesa fino a che non potremo finalmente tornare ad essere sfruttati. Dopo un anno parlare di “emergenza” significa fingere di non capire l’esigenza di prendere decisioni risolutive e soprattutto che abbiano un impatto immediato, ma allo stesso tempo pianifichino strategie per affrontare questa nuova realtà.
Un anno non si può considerare una situazione temporanea, non si può rimandare la necessità di regolarizzare i pagamenti dei sussidi (come cig, bonus, etc.) e di immaginare strumenti più efficaci. Tramite i nostri canali comunicativi condividiamo il più possibile informazioni contrattuali e di diritto sul lavoro, per mettere un primo peso sulla bilancia delle relazioni di potere nei rapporti lavorativi. Cerchiamo di cambiare la percezione di “normalità”. Raccogliamo materiale d’inchiesta sul come e il perché siamo arrivati a questo punto. E in futuro apriremo uno sportello territoriale di primo ascolto per lavoratrici e lavoratori della ristorazione.
È chiaro che tutto questo non sarà sufficiente senza la consapevolezza generale dell’esistenza di un problema e soprattutto la volontà di risolverlo. E fino ad oggi è decisamente mancata. Per questo continueremo incessantemente a ricordarlo.”
Dalla lettera inviata a Slow Food Roma da Gastronomia Operaia