Il pranzo fuori porta con canti e balli e mangiate memorabili, nella Roma del Papa Re aveva come scenario i prati di Castello o del Testaccio, quando erano, appunto, prati e non città. D’altronde Roma era una centro di 170.000 anime, pieno di ruderi, vigne, orti, parchi. Poi arrivarono i piemontesi, che innescarono il più grande incremento demografico della storia italiana: in 50 anni la popolazione supera il milione di persone. La gita e la ‘magnata’ si spostano altrove, soprattutto verso i Castelli, raggiungibili facilmente grazie alla linea della STEFER – Società delle Tramvie e Ferrovie Elettriche di Roma – che inaugura nel 1906 la tratta Roma-Grottaferrata-Frascati. Un successo enorme. “Lo vedi ecco Marino la sagra c’è dell’uva”, così recita la celebre canzone conosciuta da tutti i romani, racconto a tappe delle fermate del tranvetto, per Genzano, l’Ariccia, er pittoresco Arbano, fino a trovare il posto per stendersi sull’erba: Li prati a tutto spiano / So’ frutte, vign’e grano / S’annamo a mette lì / Nannì, Nannì…
Nel frattempo altri prati, quelli del Testaccio, si riempiono di case e piccole industrie, laboratori, opifici: il popolo di Roma – anche immigrato – trova un nuovo quartiere. Altrove nascono i palazzi di Prati, del Trieste, dell’Esquilino. L’aumento di abitanti impone nuove necessità: nel 1891 viene inaugurato il nuovo mattatoio – in dialetto, l’ammazzatora – all’epoca il più grande e moderno d’Europa. Sulle tavole di case e osterie compaiono i tagli di scarto, che costituiscono una delle pietre angolari della cucina romana del Novecento: coda, pajata, granelli, trippa, fegheto e altre amenità s’innestano nella tradizione.
È proprio a queste storie che s’ispira lo S’Brunch domenicale del 3 ottobre al Rome Cavalieri, Waldorf Astoria. Memento e omaggio alle remote gite fuori porta, domenica presentiamo due prodotti particolari: il Tozzotto di San Michele, prodotto tutelato dall’Arca del Gusto di Slow food, un pane aromatizzato d’origine rinascimentale, che si produce nel comune di Castel Madama in occasione della festa del patrono San Michele Arcangelo. In accompagnamento, la Susianella, Presidìo Slow Food, insaccato del viterbese legato a mano tratto da una ricetta risalente alla civiltà etrusca, grazie al recupero delle frattaglie, condite da finocchio selvatico. Per evocare le atmosfere testaccine e il quinto quarto, lo chef dell’Uliveto Fabio Boschero arricchirà la tavola con piatti della tradizione, utilizzando le materie prime selezionate da Slow Food: il guanciale per la gricia con rigatoni di grano bio Khorasan e il ripieno di coda alla vaccinara per il raviolo.
Per informazioni e prenotazioni: 06–35092145