“L’agricoltura contadina deve lottare per affermare il proprio modello e la dignità di chi lo incarna, altrimenti vincerà la filosofia degli Ogm e dei centri commerciali.” Sono le parole di Francesco Panié e Stefano Mori che hanno indagato la situazione critica in Europa rispetto ai nuovi Ogm. Il mercato europeo è in procinto di introdurre in campo le New genomic techniques (NGT), grazie a un processo di deregolamentazione rispetto ai vecchi Ogm che rischia di cambiare il futuro dell’Europa e delle nostre vite.
Ma cosa sono gli Ngt, in cosa si differenziano dai vecchi Ogm e perché è necessario regolamentarli con tanta attenzione? Gli Ngt si possono dividere in due rame: genome editing ovvero il fatto di modificare i geni per “ampliare” o “ridurre” alcune funzioni delle specie e la cisgenesi che consiste nell’introdurre DNA di specie simili per inserire una componente che manca nella specie originale.
La narrativa è cambiata nel tempo, con l’obiettivo di modificare le regole a favore dell’inserimento dei nuovi Ogm, ma lo scopo è rimasto lo stesso: trovare le soluzioni più efficaci ai fini del produttivismo e del profitto, basate sulla meccanizzazione e sulla standardizzazione dell’agricoltura. L’idea di sfamare la popolazione mondiale con gli Ogm era radicata nella mente delle persone, ma in realtà ha contribuito solo allo sviluppo di allevamenti intensivi e dell’agricoltura industrializzata senza mai risolvere i problemi d’insicurezza alimentare. In alcuni casi, gli Ogm sono stati addirittura vietati, come il Golden Rice nelle Filippine, a causa della mancanza di prove sull’innocuità di questi ibridi.
I nuovi OGM non sono infatti privi di effetti sulla salute e sull’ambiente, né di effetti collaterali che spesso non vengono studiati, o addirittura sono trascurati, mentre se ne presentano i vantaggi. Eppure, la FAO ci avvisa che la quantità di principi attivi è raddoppiata dalla loro introduzione negli anni ’90, raggiungendo 3,54 milioni di tonnellate nel 2021. Con gli Ogm, ogni forma di vita è diventata una merce e stiamo assistendo a una privatizzazione della biodiversità che sta trascinando con sé i contadini verso il collasso. La prova risiede proprio nel rischio di contaminazione dei terreni che circondano i campi di sementi Ogm. Questa contaminazione, che si verifica attraverso l’impollinazione incrociata e porta all’ibridazione delle specie, pone un problema importante, soprattutto per la filiera biologica, e non va di pari passo con la strategia Biodiversità 2030 prevista dalla Commissione Europea. Se il biologico è contaminato, perde tutti i criteri di differenza per i cui i clienti lo scelgono.
Con la logica dei brevetti e del binomio impresa-ricerca, il potere è finito nelle mani di pochi: Bayer-Monsanto, BASF, Corteva e Syngenta possiedono il 62% del mercato sementiero. Si tratta di bioprospezione ossia il fatto di esplorare biodiversità per fini di sviluppo commerciale, un concetto che ha ampiamente accelerato l’espropriazione e la perdita di conoscenze dei contadini. Luigi Pellizzoni, specialista in sociologia dell’ambiente, definisce i nuovi Ogm come il “nuovo dominio della natura”. Noi esseri umani abbiamo dimenticato di essere parte della natura e ci consideriamo superiori alle altre specie; infatti, l’ibridazione è legale solo sugli altri esseri viventi. Queste sono solo scelte dei colossi degli Ngt che vorrebbero farci credere che l’ibridazione è l’unica opzione, perché dà loro buoni rendimenti, quindi investono in questo campo tralasciamo altre alternative naturali come le varietà a impollinazione aperta.
Ad oggi, in Europa esistono strumenti giuridici per vietare l’uso degli Ogm in campo aperto e sviluppare l’agricoltura biologica, come l’ITPGRFA (International Treaty on Plant Genetic Resources for Food and Agriculture), che tutela la conservazione e l’uso sostenibile di tutte le risorse fitogenetiche e l’equa ripartizione dei benefici derivanti dal loro impiego. Molti contadini si affidano all’ITPGRFA per far valere i propri diritti e lottano per salvare i propri semi, grazie soprattutto alle case di sementi, nate in Sudamerica e diffuse in tutto il mondo, che attraverso lo scambio di esperienze e di semi rappresentano un modo per preservare la biodiversità e le comunità rurali.
di Roxane Escalettes