Il suolo inteso come risorsa non rinnovabile e bene comune, il divieto di utilizzo degli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente e di mutamento di destinazione d’uso per le superfici agricole, che hanno beneficiato di aiuti dall’unione europea, l’introduzione di obiettivi di tutela del suolo e di rigenerazione urbana, fino a oggi ancora non presenti nel nostro ordinamento. Questi sono i punti innovativi che Slow Food Italia, FAI, Legambiente, LIPU, , Touring Club Italiano e WWF chiedono che vengano mantenuti e rafforzati all’interno del disegno di legge in discussione ora alla Camera sul contenimento dell’uso del suolo, il cui voto è previsto a Marzo, poi ci sarà il nuovo esame in Senato.
Queste sei grandi associazioni nazionali chiedono che si approvi quanto prima una legge efficace e moderna in materia di consumo del suolo e rigenerazione urbana e, a questo scopo, indicano i sei punti qualificanti e irrinunciabili, per migliorare il testo:
1. evitare che le definizioni contenute nel provvedimento favoriscano nuovo consumo di suolo (a cominciare da quelle relative al “consumo del suolo”, alla “superficie agricola naturale e seminaturale”, alla “impermeabilizzazione” e alla “area urbanizzata”);
2. armonizzare il testo con i principi e criteri della Delega Appalti, che prevede il superamento del Programma delle infrastrutture strategiche (attraverso un’attenta selezione delle opere);
3. rendere davvero efficace il censimento delle aree e degli edifici dismessi (che deve diventare obbligatorio, in modo da spingere i Comuni al recupero e riqualificazione di edifici e aree dismesse piuttosto che consumare nuovi suoli);
4. migliorare la delega al Governo sulla rigenerazione urbana (prevedendo un coordinamento e un’armonizzazione delle norme e procedure nazionali e regionali);
5. evitare il rischio di sub-urbanizzazione del territorio che potrebbe essere favorito dai cosiddetti Compendi agricoli neorurali periurbani (grazie a cambiamenti di destinazioni d’uso consentiti che favoriscono l’insediamento di attività improprie amministrative o turistico-ricettive);
6. fare in modo che il periodo transitorio per la piena applicazione della nuova legge non sia una sanatoria di tutte le previsioni anche solo enunciate (evitando che siano fatti salvi i piani urbanistici anche solo adottati e non approvati)