Comunicato stampa
Necessarie risorse economiche e semplificazione amministrativa per sostenere la ristorazione “take away” e “delivery” senza snaturarsi.
Slow Food Lazio chiede alle istituzioni di finanziare l’acquisto di beni e
servizi fondamentali per il rilancio di ristoranti, osterie, agriturismo,
ed enoteche.
Slow Food Lazio raccoglie il grido di dolore che arriva da osti, ristoratori, chef e pizzaioli del Lazio penalizzati dalle limitazioni dovute all’emergenza sanitaria del Coronavirus e lancia alle istituzioni una serie di proposte concrete da attuare in questa fase transitoria, ma che nel medio e lungo termine potrebbero rappresentare delle nuove opportunità di crescita.
“I pubblici esercizi – dichiara Francesca Litta di Slow Food Lazio, oltre che cuoca e titolare di un agriturismo nella Ciociaria – sono stremati e temono per la sopravvivenza delle loro attività, sono smarriti rispetto alle prospettive future e sono timorosi che i cambiamenti possano snaturare la loro specificità di cultori e testimonial della buona cucina. Sanno bene che questa crisi non è passeggera e che comporterà un ripensamento significativo, anche creativo, del loro lavoro. È urgente, pertanto, che ciò avvenga quanto prima, anzi subito, per evitare che la fase emergenziale duri troppo a lungo e i loro clienti si abituino a scelte di consumo alternative, danneggiando anche l’intera filiera produttiva che è alle loro spalle, spesso costituita da piccoli e qualificati produttori locali”.
In questi giorni nel contattare numerosi ristoratori, tra quelli aderenti all’Alleanza dei Cuochi di Slow Food e presenti nella Guida Osterie d’Italia, è emerso che molti stanno percorrendo la strada consentita del cibo a domicilio (detto anche delivery). Una soluzione che però non tutti possono permettersi perché se è vero che comporta costi e un’organizzazione più sostenibili nelle grandi città, è praticamente impossibile nei piccoli centri.
“Secondo Slow Food Lazio – prosegue Francesca Litta – è necessario quanto prima autorizzare la vendita del cibo da asporto nei pubblici esercizi (detto anche take away) anche nella nostra regione. Per ristoranti, osterie, agriturismo, enoteche, pizzerie, gelaterie e pasticcerie è un servizio irrinunciabile, sicuro per la salute e utile sia ai consumatori sia agli imprenditori del settore che devono prepararsi a trovare nuove strade per stare sul mercato, una decisione che rimetta in moto il circolo virtuoso che collega tanti addetti fuori e dentro i locali di produzione per valorizzare risorse, prodotti tipici e storia dei territori”.
“Delivery, take away o qualsiasi altra soluzione che consenta di riavviare subito le attività– sostiene Luigi Pagliaro, portavoce e coordinatore di Slow Food Lazio – comporta comunque un costo, che si va a sommare alle difficoltà economiche finora affrontate in oltre un mese di chiusura. Per questo è necessario che i Comuni e la Regione Lazio si adoperino per procedere con urgenza nella semplificazione burocratica e supporto amministrativo nella richiesta di variazione di attività del mondo della ristorazione. Inoltre riteniamo determinante che per sostenere queste nuove modalità vengano messe a disposizione specifiche risorse economiche finalizzate a sostenere adeguamenti amministrativi, investimenti digitali, acquisizione di mezzi di trasporto, attività di comunicazione, marketing, consulenza e formazione. In questo modo si darà la possibilità anche a piccole realtà della ristorazione, prive di adeguate risorse economiche, di ripartire tempestivamente e soprattutto di salvaguardare quel patrimonio di passione, conoscenze, tradizioni e tipicità che i cuochi mettono nei loro piatti”.
Per ulteriori informazioni: tel. 335.318537 – www.slowfood.it/lazio